N° 15

 

LA STRATEGIA DEL TERRORE

 

(PARTE SECONDA)

 

 

INCONTRO A BELFAST

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Jeff Mace è deluso di se stesso, ha permesso che il Rappresentante del Governo Britannico nell’Irlanda del Nord fosse ucciso da Gael e, per giunta, l’assassino è riuscito a scappargli tra le dita. Questo l’originale Capitan America non l’avrebbe mai permesso. Non ha scuse, non è stato all’altezza del compito. Sta sempre pensando a questo, mentre passeggia, in attesa della Conferenza Stampa del Presidente degli Stati Uniti e del Primo Ministro Britannico al Castello di Hillsborough, a Belfast. Tipico di Jameson: visto che aveva già due giornalisti sul posto, perché spendere soldi per mandarne altri? La situazione porta i suoi pensieri al Golfo Persico. Ben due esponenti della sua famiglia si trovano da quelle parti adesso: suo padre è andato in missione per corto del Dipartimento di Stato, a causa della grana tra Murtakesh e Halwan e sua sorella Lizzie sta indagando su un presunto sabotaggio a bordo di una portaerei. Se non altro, non è tra i combattenti, magra consolazione, dopotutto. Chissà se sarà ancora là quando vi giungerà lui? Al ritmo con cui procedono le cose, chi può dire se tutto non sarà già finito per allora… o forse no, chissà?

            Ripensandoci, questa sarebbe un’occasione perfetta per uno come Gael. Sino ad oggi non ha mai colpito due volte nello stesso posto e la logica suggerisce che se ne sia già andato altrove, ma un’evenienza come questa: Bush e Blair nello stesso posto, potrebbe essere un’esca allettante per lui e per chi gli commissiona gli omicidi. Se solo ne potesse essere sicuro e sapesse come individuarlo.

-Mi scusi signore.-

            L’uomo comparso alle sue spalle veste un impeccabile completo scuro ed ha un volto impenetrabile.

-Collins del Royal Irish Constabulary.-[1] si presenta, esibendo un tesserino –Stiamo controllando tutti quelli ammessi alla Conferenza Stampa. Sa, motivi di sicurezza.-

-Capisco.- risponde Jeff esibendo, a sua volta, il tesserino stampa.

-Mmm. Jeffrey Mace di Now Magazine. Americano. Di origine irlandese, forse?-

-Può darsi.- risponde il giovane un po’ a disagio –Non ho indagato molto sulle origini della famiglia.-

-Cattolico?-

-Non vedo cosa possa interessarle.- ribatte Jeff, un po’ seccato.

-Mi segua, prego, devo eseguire dei controlli più accurati sui suoi documenti.-

            Maledetta paranoia, pensa Jeff, se solo potessi dirgli che sono Capitan America. A volte la segretezza è esasperante.  Eppure era convinto che lo S.H.I.E.L.D. avesse già pensato a chiarire la sua posizione. Mentre entra nella saletta che l’agente gli sta indicando, un pensiero fastidioso gli attraversa il cervello.

-Come ha detto che si chiama?- gli chiede.

-Collins, Michael Collins.- risponde l’altro.

-Non è il nome di…-

-Di un grande patriota irlandese, esatto.-

            Jeff si volta un attimo troppo tardi. Qualcosa di pesante gli cala sulla testa e lui cade a terra, mentre il suo cervello registra un ultimo pensiero: “Stupido”.

-Giovane stupido.- dice ad alta voce il presunto Michael Collins. - Non vali nemmeno lo sforzo di ucciderti, anche se…magari… No, lasciamo perdere, dopotutto, vivo mi sarai più utile. Non sai quanto sei fortunato ragazzo.-

            Estrae dalla giacca un macchinario ripiegato, che dispiega accuratamente. Somiglia ad una specie di maschera facciale metallica. Lo applica al volto di Jeff, c’è una specie di lieve sfrigolio, poi…

-Fatto, ed ora… fase due.-

            Si applica la maschera alla faccia, un altro sfrigolio, poi la toglie ed ora il suo volto è esattamente identico a quello di Jeff.

-A volte adoro la tecnologia.- borbotta sorridendo, poi esce tranquillo dalla stanza.

 

            A molte miglia di distanza più ad Est, un altro Jeffrey Mace ha motivo di dolersi della tecnologia, invece.

-Neanche un dannato telefono che funzioni in tutto Halwan.- esclama riattaccando la cornetta.

-La CNN dice che la capitale è isolata e l’esercito Halwanese si sta ritirando dinanzi a quello del Murtakesh.- gli dice il suo assistente.

-Già, non è magnifica la TV? Guerre in diretta nei salotti di tutti.-

-È sarcasmo quello che noto nella sua dichiarazione, Dottor Mace?- chiede l’assistente.

-Lei che ne pensa?- ribatte Will Mace –Ora non perdiamo tempo. Ci sono delle cose urgenti da fare e voglio farle prima che Halwan cada, il che potrebbe avvenire anche troppo presto, se siamo sfortunati.-

 

            A non molta distanza da dove si trova suo padre, sulla Portaerei U.S.S. Simon Savage, di stanza nel Golfo Persico, il Capitano dei Marines Elizabeth Mary Mace ed il Tenente della U.S. Navy[2] Martin Luther King Mitchell hanno finito gli interrogatori dell’equipaggio.

-A che conclusioni sei arrivata?- chiede Mitchell alla sua collega.

-Non sono Sherlock Holmes.- risponde Lizzie –Apparentemente non c’è nulla di strano nell’incidente. Per quanto sia spiacevole, cose del genere accadono.-

-Ed il marinaio morto la settimana scorsa?-

-Accade anche quello, fatalità del genere non sono così infrequenti.-

-E ci credi davvero?-

-Non ho detto questo, però…-

            Il suono di un’esplosione, seguito da quello di sirene d’allarme, interrompe le sue parole. I due ufficiali corrono sul ponte, per vedere un aereo in fiamme.

-Cos’è successo?- chiede Lizzie –Un atterraggio andato male?-

-No signora.- risponde un ufficiale. -È esploso improvvisamente non appena è stato acceso il motore.-

-Cosa?- esclama la giovane donna.

-Pensi sempre che possano essere solo coincidenze?- le chiede Mitchell.

            Se mai l’avessi davvero pensato, riflette Lizzie, ora non ne sarei affatto convinta.

 

 

2.

 

 

            La testa fa ancora male a Jeff quando si risveglia. Ha solo un attimo di disorientamento, poi ricorda quanto è accaduto poco prima. Si è fatto fregare come un dilettante, un vero stupido, altro che Capitan America. Gli ci vuole poco per comprendere cos’è avvenuto. Quell’uomo, chiunque sia, probabilmente Gael, medita qualcosa contro il Summit e questo sembra proprio un lavoro per Capitan America.

 

            Per Betty Brant è il primo serio incarico all’Estero, anche se, da anni, è una rispettata cronista e sono lontani i tempi in cui era solo la segretaria prima di Jameson e poi di Robbie Robertson. Il punto, però, è che lei si sente una giornalista investigativa e che queste conferenze stampa non l’hanno mai entusiasmata, perfino in tempi come questi.

            Vede arrivare Jeff Mace e lo saluta, ma lui non sembra nemmeno notarla. Per quel poco che lo conosce, è un ragazzo gentile e cordiale, anche se riservato, non è da lui ignorarla così… e poi… non aveva un vestito diverso prima? Decide di raggiungerlo.

 

            L’uomo col volto di Jeff Mace la vede avvicinarsi e si chiede chi mai può essere. Un’amica del giornalista, immagina. Beh, non importa, ancora pochi istanti e si sarà preso cura di quei buffoni sul palco, sempre che il suo gingillino funzioni come gli hanno garantito. Ha un impegno ad Hanoi, tra non molto, ma questa è un’occasione troppo bella per farsela sfuggire. Ricorda ancora con rabbia i vecchi tempi, quando era il migliore assassino dell’I.R.A. Ora sono diventati tutte delle pappemolli. Trattare con gli Inglesi, che idiozia. C’è un solo modo per trattare con loro: una bella bomba sotto il sedere. Il solo Inglese buono è un inglese morto e lo stesso vale per quei porci di Protestanti e per i collaborazionisti Cattolici. Quando avrà finito con gli attuali impegni, tornerà qui ed insegnerà nel modo più duro a Gerry Adams cosa vuol dire tradire la Causa. Per ora, tocca a quei due tronfi politici che pensano di poter imporre il loro volere al mondo. Sta rischiando molto per fare questo, ma ne vale la pena. Pochi istanti solamente e sarà tutto fatto. Ecco… Ora!

 

            Lo scudo bianco rosso e blu saetta nell’aria per fermarsi di fronte al presunto giornalista e, subito dopo, si ode la voce stentorea di Capitan America, che, con un’elegante capriola, salta proprio davanti all’uomo.

-Fermo, qualunque cosa tu stia per fare!- gli intima.

Gli agenti del Servizio Segreto si dividono in due gruppi, mentre una parte di loro si raccoglie intorno al Presidente, gli altri scattano verso i due uomini, sfoderando le armi. Lo stesso fanno i loro colleghi del MI5 e del Royal Irish Constabulary.

-Che sta succedendo qui?- chiede uno di loro, a capo del gruppo –Conosco quest’uomo, è un giornalista accreditato, è stato accuratamente controllato.-

-Certo, se fosse lui.- ribatte Cap –Ma in realtà è un impostore, un terrorista assassino.-

-Ne sei certo, Capitano?- chiede il Presidente degli Stati Uniti.

            Cap osserva l’uomo con la sua faccia e risponde con determinazione:

-Mi creda, signore, non sono mai stato tanto sicuro di una cosa, quanto lo sono di questa.- afferra il suo sosia per il bavero –Questo è un pericoloso terrorista, sono convinto che sia Gael!-

            Un mormorio si leva dalla folla, molti lì dentro sanno bene di chi si parla.

-Io penso sia il caso di dare fiducia al nostro amico mascherato.- interviene il Primo Ministro Britannico.

-Grazie Sir.- replica Cap.

-In ogni caso, sarà meglio portarvi via signori, come da procedura.- dice il caposquadra del MI5 –Seguiteci, svelti.-

            Gli uomini dei Servizi di Sicurezza provvedono a spingere i due Capi di Governo attraverso una vicina porta.

-Ma che disgustosa manifestazione di buone maniere.- esclama, improvvisamente il prigioniero di Cap, mentre col pollice destro sfiora un anello che porta all’anulare.

Un improvviso flash acceca Cap, mentre il suo avversario afferra una penna e... spara contro gli agenti della sicurezza.

-Sarà scontato, ma funziona.- dice, poi si volge verso i due “Potenti”, ma altri agenti li hanno completamente circondati.

-Peccato.- mormora Gael –Sarà per la prossima volta.-

-Non ci sarà prossima volta per te, amico.- è di nuovo la voce di capitan America a parlare –Arrenditi o sarò costretto ad usare le maniere forti.-

-Che paura che mi fai. Non oserai toccarmi, sono imbottito di esplosivo, toccami e saltiamo tutti in aria.-

-Cosa?-

-Il mio abito, sciocca bandiera che cammina. È intessuto con fibre esplosive.-

            Possibile? Certo che si, lo S.H.I.E.L.D. usa un gadget simile dai tempi della sua fondazione e di questi tempi non c’è da sorprendersi se anche lui ne ha uno. Basta avere i soldi e puoi avere tutto quel che ti serve.

-Ti consiglio di lasciarmi andare… con molta calma.-

            E adesso, cosa può fare?

 

 

3.

 

 

            L’uomo è noto semplicemente come Morgan Jr. ed è il Boss indiscusso delle attività criminali nella zona di Harlem. Un piccolo regno, se paragonato alle attività di organizzazioni del calibro del Maggia, ma il segreto del successo sta nel sapersi accontentare ed in tutta Harlem non gira dollaro guadagnato con qualsiasi tipo di attività illecita di cui lui non intaschi una parte. Il problema, mentre si gode la giornata sul suo terrazzo, assieme a due belle signorine, è rappresentato dal supereroe locale: Falcon. Qualche tempo fa, Falcon l’aveva, diciamo così, strapazzato per bene e questa non è una cosa che Morgan è disposto ad accettare: ha giurato di vendicarsi, si trattava solo di trovare il modo e l’occasione e questi sono giunti da poco. Il ragazzo che gli sta di fronte, ad esempio, un tossico da quattro soldi di nome Roscoe Brand, potrebbe fornirglieli entrambi. A quanto pare, Falcon s’interessa alla sua sorte e questo potrebbe essere il suo punto debole.

-Che… che volete farmi?- il ragazzo trema- In preda ad una crisi d’astinenza o per la paura? Che importa? È solo carne da cannone, in fondo, utile solo per lo scopo che Morgan ha pensato per lui.

-Non preoccuparti Roscoe.- gli dice -Non voglio farti del male, anzi, sto per darti quello che ti piace di più, un bel viaggio gratis, tutto spesato dal vecchio, caro, Morgan Jr. Vedrai, ti piacerà, sono pronto a scommettere che morirai contento.-

            Ed il Boss ride, mentre uno dei suoi uomini infila l’ago della siringa nel braccio di Roscoe.

 

            Capitan America osserva il ghigno che lo mette a disagio, perché l’uomo che sorride ha il suo stesso volto. Cosa deve fare con lui? Sente gli sguardi di tutti i presenti puntati su di loro. Deve decidere in fretta.

-Stai bluffando.- dice, infine –Moriresti anche tu e non hai motivo per farlo. I tuoi bersagli sono scappati e morire adesso non farebbe che provocare solo la tua stessa fine.-

-E la tua.- ribatte Gael –Ci hai pensato Mister Stelle e Strisce? Forse quello che voglio è proprio andarmene in grande stile, portandomi dietro il grande simbolo della Nazione Americana. Non sarebbe una bella morte?-       

            Cap riflette. È abbastanza pazzo da fare una cosa simile? I kamikaze non sono mai stati troppo nello stile degli estremisti irlandesi. In fondo, il soldato che sopravvive può combattere un altro giorno e, a differenza dei giapponesi o dei fanatici musulmani, un suicida cristiano si gioca anche il paradiso. Ammesso che questo Gael creda in qualcosa che non sia la sua violenza, ovviamente, il che non è affatto dimostrato.

-Allora fallo.- dice, infine –Io non temo di morire. Sin da quando ho indossato questo costume, sono stato consapevole che poteva accadere, ma tu? Muori adesso ed i tuoi piani, quali che siano finiranno qui ed io non credo che sia quello che vuoi. Non avevi alcuna intenzione di morire oggi, altrimenti perché assumere l’aspetto di quel giornalista americano e senza ucciderlo? Hai un piano di fuga, ammettilo.-

-Molto perspicace americano, molto davvero.-

            Gael tocca il proprio orologio da polso e, subito dopo, Cap ed il resto dei presenti si portano le mani alle tempie, mentre le loro gambe sembrano divenire di burro.

-Onde radio a bassa frequenza. Disturbano le sinapsi nervose. Il loro effetto non durerà a lungo, purtroppo. Forse cinque minuti, forse dieci.- dice Gael, l’unico rimasto in piedi –Ovviamente io ne sono immune grazie ad una speciale schermatura. Peccato che non possa usarli per continuare il mio lavoro, ma bisogna saper perdere, ogni tanto. Ci vediamo, mio Capitano.-

            Cap lo vede correr via. Non può pèrmettergli di scappare, pensa. Deve rimettersi in piedi, deve. Fa appello ad ogni grammo di forza di volontà, deciso a non cedere. Ogni movimento gli sembra insopportabilmente pesante, i muscoli vorrebbero urlare dal dolore, poi, alla fine, ce la fa. Si erge, cercando di ignorare la testa che gira e deve rendersi conto che la preda gli è sfuggita, un'altra volta. Questo Gael è davvero pieno di risorse, ma il prossimo round sarà suo. Mentre vede che gli altri cominciano a rialzarsi, Cap decide che è ora di una ritirata strategica.

 

            Richmond, Virginia. Il luogo più noioso del Mondo, pensa Sharon Carter. Da quando ha preso possesso del suo incarico di Capo dell’Ufficio S.H.I.E.L.D. di Zona, non è successo nulla di veramente importante. Quel maledetto Fury ha voluto esiliarla lì perché non la ritiene più in grado di essere un agente operativo. Che cumulo di sciocchezze, lei è perfettamente in grado di badare a se stessa, come ha sempre fatto. Perché devono sempre pensare a lei come ad una ragazzina indifesa? Non lo è mai stata, mai. Il ricordo di quanto è avvenuto durante l’Inferno² affiora nella sua mente e, per un attimo lei trema, impercettibilmente, ma trema.

            Un agente si affaccia nel suo ufficio.

-Supervisore Carter, c’è un certo Mr. Cox che vorrebbe vederla.- annuncia.

-Dave Cox? Gli dica che non… no, aspetti, lo faccia entrare.-

            Un uomo dai capelli e folti baffi biondi entra, spicca l’assenza del braccio destro, che Dave ha perso in una guerra ormai lontana.

-Ho saputo che eri tornata da queste parti, Sharon.- le dice –Così ho pensato di farti una visita. Stai bene?-

            Se lei esita nel dare la risposta, Dave non lo nota.

-Sto benissimo Dave, mai stata meglio.-

 

 

4.

 

 

            Ha fatto appena in tempo scomparire, per ricomparire poco dopo, apparentemente confuso e stordito, nei panni di Jeff Mace. Lo sottopongono ad un breve interrogatorio, ma si convincono presto che lui non è il pericoloso terrorista affrontato poco prima. Jeff si è, ormai, convinto che il solo motivo per cui Gael l’ha lasciato vivo è per poterlo incolpare dell’attentato abbastanza a lungo da confondere le acque. Un piano preparato in fretta e furia, non uno dei suoi soliti delitti un po’ teatrali, ma poteva funzionare, se non avesse, inconsapevolmente, scelto di prendersela proprio con Capitan America. Le coincidenze, a volte, guidano la nostra vita in modo singolare, riflette. Non vuol nemmeno pensare a cosa poteva succedere in caso contrario. Dovrà ricordarsi di inviare un rapporto ai Vendicatori.[3] Quando rientra nell’ampia sala, la conferenza stampa volge quasi al termine. Betty lo vede.

-Tutto bene Mace?- gli chiede.

-Si, direi di si.- risponde lui –Che mi sono perso?-

-Nulla che non ti possa immaginare da solo.- risponde lei, con aria cinica –Ho registrato tutto e, naturalmente, da brava collega condividerò tutto il materiale con te.-

-Ti ringrazio… ehm … Betty.-

-Sei stato fortunato, sai?- continua lei –Dicono che quel Gael non si lasci mai nessuno vivo alle sue spalle.-

-Fortunato? Si, suppongo di si.- risponde il giovane, massaggiandosi la testa. Avrà un altro scontro con Gael e questa volta vuole prenderlo.

 

            Da un’altra parte, in un luogo, per ora, nascosto, ci sono due uomini: uno è vestito come un Balestriere del XII secolo ed il suo volto è una maschera senza emozioni; chi sia il suo interlocutore non ci è dato vedere.

-Oggi il Primo Ministro ed il Presidente americano sono scampati ad un attentato di stretta misura.- dice quest’ultimo -Il responsabile è un uomo che conosci bene.- su uno schermo appare una serie di fotografie –Paddy O’Hanlon, meglio noto come Gael, assassino dell’I.R.A. maestro in ogni tecnica di morte, capace di penetrare dovunque e mimetizzarsi perfettamente. Il tuo compito è semplice e chiaro Crossbow. Devi trovarlo ed ucciderlo. Lo farai per l’Onore del Regno?-

-Lo farò, Sir, per la Regina e per la Patria.-

 

            In un aereo diretto ad Est, l’uomo in questione riflette. Per due volte ha incrociato la sua strada con Capitan America e ne è uscito bene. Fortuna, oltre che abilità, deve riconoscerlo. Gli darà la caccia, ne è sicuro. Conosce quel genere di segugi, non mollano l’osso e, ne è praticamente certo, il suo compito è proprio quello di catturarlo. Meglio così, il suo lavoro sarebbe meno divertente senza una bella sfida.

 

 

FINE SECONDA PARTE

 

 

 

 

CONNESSIONE TROPICALE

 

(PARTE SECONDA)

 

 

HO UNA BOCCA E VOGLIO GRIDARE

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

                Ritratto di una situazione decisamente poco piacevole. U.S.Agent non pensava certo che sarebbe stata una passeggiata quella missione di salvataggio di un gruppo di commandos composto da Marines ed agenti della D.E.A.[4] in missione contro un centro di produzione e raffinazione della cocaina nella jungla di Tierra Verde; se fosse stato così, non avrebbero inviato lui, ma, nonostante ne abbia viste di cotte e di crude nella sua carriera di superagente del Governo U.S.A. Vendicatore e membro di WorldWatch, la sua prima reazione è di stupore.

            La cosa, non saprebbe come altro chiamarla, è un ammasso di poltiglia bianca, alta quasi oltre due metri, di forma vagamente umanoide e sulla testa si stanno disegnando due occhi ed una bocca spalancata, Non ha tempo di farsi altre domande, quella cosa allunga un braccio e l’attacca. Solo l’aver alzato lo scudo lo salva da… non lo sa bene nemmeno lui, ma sente che quella cosa è mortale. Salta di lato, evitando un altro attacco. I Marines sparano, ma la creatura assorbe i loro colpi come fossero acqua fresca. Allunga un braccio, che sembra una specie di tentacolo, ed afferra uno dei militari, che urla come fosse attaccato da un acido.

Agent non esita e lancia il suo scudo, ma quello incontra una massa spugnosa in cui affonda, per, poi, passare dall’altra parte. La creatura, intanto, continua ad avanzare.

 

Washington, nella sede del F.B.S.A. il Direttore Jasper Sitwell sta esaminando il dossier portatogli al suo Vice, Jack Norriss.

-Dunque…- dice -…mi stavi dicendo di come l’ex dittatore di Tierra Verde, Caridad, avesse scelto il superumano Roughouse come cavia della sua cocaina modificata, sperando che il suo fisico potenziato avrebbe resistito ai suoi effetti letali. In sostanza, se ho capito bene, questa cocaina aveva effetti simili a quelli di quella droga recente, il Paradiso Bianco o DK.-[5]

-Si potrebbe dire di si, ma con una differenza.- risponde Norriss.

-Non farti tirar fuori le parole di bocca col cavadenti, parla.-

-Il resoconto completo è in un fascicolo S.H.I.E.L.D. ed è dovuto agli interrogatori successivi con alcuni personaggi coinvolti e ad una conversazione con delle confidenze, che lo stesso Wolverine fece a Nick Fury in una successiva occasione. In sintesi, la sostanza che si trovava in quella particolare cocaina, che cresceva solo in uno specifico campo in Tierra Verde, era una sorta di essere vivente.-

-Cosa?- esclama Sitwell

 

 

2.

 

 

            Con impotente orrore, U.S.Agent guarda lo sfortunato Marine sciogliersi sotto il tocco della creatura ed è un’impressione, oppure questa ha aumentato le sue dimensioni? L’attacco prosegue. Agent salta, riuscendo a stargli lontano. L’essere afferra altri due soldati e li ingloba in se, mentre questi urlano atrocemente. Agent si rivolge ad un soldato:

-Questo è un lanciafiamme?- chiede brusco.

-Beh, si…- risponde l’altro titubante.

            Agent glielo strappa e lo punta verso la creatura, che, in breve, si trova avvolta dalle fiamme. Adesso Agent ne è certo, è diventata più grande, più alta di almeno un metro, come se l’assorbire i soldati le avesse permesso di aumentare la massa. Se è così, come sarà dopo altri “pasti”? La creatura spalanca la bocca, ma nessun suono esce da quella gola. Una cosa è certa, però, il fuoco la sta rallentando, ma non la uccide. La creatura perde l’equilibrio e cade nel fiume vicino, disperdendosi in fanghiglia bianca.

-Ce l’hai fatta.- esclama uno dei soldati. –L’hai battuta.-

-No, esclama sicuro, Agent, recuperando il suo scudo. -Tornerà… e lo farà presto..-

 

A Washington, il racconto di Jack Norriss prosegue:

-Una creatura vivente, i cui unici impulsi erano la brama di distruzione ed una fame insaziabile. Una forma di vita creata in laboratorio dalla razza nascosta dei Devianti per combattere i loro avversari di sempre, gli Eterni. Una sorta di superbatterio antropomorfo che sfuggì ad ogni controllo e non poteva essere distrutto da alcuna forza. Assorbiva le sue vittime in se e diventava sempre più grande e forte. Solo l’intervento delle misteriose creature aliene chiamate Celestiali lo fermò, riducendolo ad una massa protoplasmica che fu assorbita dal terreno. Non era morta, tuttavia, rimase quiescente nel terreno ed “infettò” il suo raccolto, finché la sua coscienza non fu risvegliata. Fu lo stesso Caridad ad iniettarsi una dose massiccia della cocaina e, così, divenne il veicolo per il ritorno della creatura, che ne consumò l’essenza. Solo il tocco guaritore della ex moglie di Caridad, che noi sospettiamo essere una mutante dotata di misteriose energie, in grado di guarire ogni ferita, riuscì a bruciare e dissolvere la creatura.-[6]

-Un momento.- interviene Jasper –Se quella creatura è davvero come una specie di batterio o di ameba ed è riuscita a sopravvivere per migliaia d’anni, allora non c’è garanzia che sia veramente morta, potrebbe essersi risvegliata ancora…-

-Infatti.-

-Allora U.S.Agent e quei poveri ragazzi si trovano di fronte qualcosa di troppo spaventoso, perché possano affrontarlo da soli. Non aspetteremo domani, voglio una spedizione di soccorso immediata. Chiama lo S.H.I.E.L.D. dobbiamo partire subito.-

-Dobbiamo?-

-Certo. Farò come il mio mentore, il Colonnello Fury, guiderò io stesso gli uomini sul campo.-

            Alla Dottoressa Rice od al Presidente potrebbe non piacere, pensa Norriss, ma tanto peggio.

 

 

3.

 

 

            Hanno continuato a percorrere la via lungo il letto del fiume, scendendo sempre più a valle, verso la civiltà, per così dire. U.S.Agent è in cima alla colonna, sempre attento ad ogni minimo rumore o movimento, perfettamente consapevole che la strana creatura potrebbe attaccare da un momento all’altro. Non sa bene cosa potrebbe fare, ma non smetterà di lottare per quei bravi soldati, a nessun costo e finché avrà respiro.

-È da tanto che quella… cosa… non si fa viva…- gli dice il Tenente Sullivan –Forse stavolta è morta, davvero.-

            Agent non fa a tempo a replicare. Dal terreno stesso si solleva, improvvisamente ed in pochi attimi, l’imponente massa della creatura bianca e, subito, ingloba il tenente Sullivan, che scompare urlando. Istintivamente, Agent la colpisce, affondando il braccio destro, con tanto di scudo nella massa spugnosa, che si stringe attorno a lui. Ancora una volta, la bocca della creatura si muove, come per parlare, ma nessun suono esce. Agent tira come un disperato, per, poi, perdere l’equilibrio e piombare nel fiume.

 

            Il gruppetto di soldati ed agenti della D.E.A. osserva l’eroe in costume sprofondare nelle acque. La maggior parte di loro è sotto stress. Dovrebbero essere combattenti esperti, ma non contro un nemico che non può essere fermato dalle loro armi. Hanno visto i loro compagni cadere non sotto il fuoco nemico, ma contro qualcosa di più forte, troppo forte per loro ed ora… se anche U.S.Agent è caduto…

 

            Agent è riuscito a liberare il braccio, ma ora sta nuotando nella melma biancastra. Sente i riflessi farsi appannati. Sta nuotando in un fiume di cocaina? È fatta di questo la sostanza del suo nemico? E se è così, come reagirà il suo fisico potenziato?  Alla fine riemerge. C’è un attimo di silenzio assoluto, poi una voce, o forse l’equivalente mentale di una voce, parla:

<<Io… ho… fame!>>

            U.S.Agent si volta per vedere la creatura, sempre più grande, che torreggia su tutti loro. Ha “parlato” lei, dunque, come sospettava, è senziente.

-Chi sei?- urla Agent –Che cosa vuoi?-

            Ancora la creatura apre la bocca e, di nuovo, eccheggiano le sue parole, ancora stentate:

<<Io… io… sono…. SPORA!-

 

 

FINE SECONDA PARTE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Eccoci Alla fine anche di quest’episodio ed ecco, puntuali, alcune noterelle esplicative.

1)    Quest’episodio non era originariamente previsto nel “piano dell’opera”, ma, avendo casualmente Cap a Belfast contemporaneamente a Bush e Blair, potevo resistere alla tentazione? Ovviamente no ed ecco, quindi, questa storia dell’attentato che, nella realtà, non c’è stato. Vi sarà piaciuto, a voi l’ardua sentenza.

2)    Il meccanismo per cambiare volto istantaneamente è un “brevetto” A.I.M. usato dall’Hydra in vecchie storie di Nick Fury di Jim Steranko, mentre l’abito in fibre esplosive è un altro dei gadget di Nick. Come ha fatto Gael ad ottenerli? Ovviamente, c’è ancora molto da scoprire.

3)    Anche sul misterioso mandante di Crossbow e sui suoi motivi c’è ancora molto da scoprire, state sintonizzati.

4)    Su Spora e sui suoi motivi sapete tutto, o quasi, quel che c’è da saper, il resto lo saprete nel prossimo episodio. Per il momento mi limito a segnalarvi che il titolo del racconto è un omaggio ad un classico racconto di fantascienza di Harlan Ellison “Non ho bocca e devo gridare”.

Nel prossimo episodio. Un alto funzionario vietnamita è il nuovo bersaglio di Gael, mentre Cap deve venire a patti coi fantasmi del passato ed il resto del nostro cast ha i suoi problemi da risolvere.

 

 

Carlo



[1] La Polizia Nord Irlandese, nota per i sui metodi duri nella repressione della guerriglia.

[2] Per chi non lo sapesse, chiarisco che, a causa del diverso sistema di imporre i nomi dei gradi in Marina, un Tenente di Marina equivale ad un Capitano delle altre armi. I due, sono, quindi, dei pari grado, fatta eccezione per questioni di anzianità di servizio. (Un Carlo pedante militaresco).

[3] Cap fa parte dei Vendicatori da Inferno² #3 e, prima di questa storia è comparso in Vendicatori #22, che vi consiglio caldamente di leggere. (Un Carlo pubblicitario -_^)

[4] Drug Enforcement Agency, la forza di Polizia Federale Antidroga degli U.S.A.

[5] Per saperne di più sulle quali, consiglio La Tela del Ragno #1/3 e Justice Inc. #6/10

[6] Tutti eventi narrati in Wolverine #17/23